A tu per tu con la ricercatrice Arianna Pacchiarotti e il suo nuovo progetto”Non imprigioniamo la vita”
Intervista di Vincenzo Di Michele sulla lotta all’infertilità
L’appuntamento era stato concordato in una calda mattinata estiva per un incontro di lì a breve al centro specialistico della Praxi Medica.
Gli argomenti che si prospettavano nell’intervista – conoscendo il personaggio – sicuramente , sarebbero stati interessanti e soprattutto innovativi. D’altronde non poteva essere diversamente considerando i suoi pregevoli precedenti. Infatti, il riferimento in questione è per Arianna Pacchiarotti: Docente universitario per le materie procreazione assistita e ginecologia , all’Università degli studi di Roma “La Sapienza” presso l’ Ospedale Sant’Andrea nonché Responsabile delle tecniche di Procreazione medicalmente assistite presso il Centro Infertilità ” Praxi Provita” e Presidente della “Libera Associazione Sanitaria per la Prevenzione dell’infertilità e conservazione della fertilità “( LAPIS) .
Ricordo bene quando circa un anno or sono in occasione del convegno – “Il Valore della vita” presso la Sala Zuccheri del Senato della Repubblica , rimasi esterrefatto dall’ampiezza di veduta con la quale la Dott.ssa Pacchiarotti argomentava sulla tematica dell’ infertilità giacché spaziava con larga padronanza sui nuovi orientamenti della medicina: dalla prevenzione dell’infertilità in età adolescenziale, alla protezione della fertilità femminile in pazienti oncologiche fino alla conservazione della fertilità attraverso le cellule staminali.
Era pressoché scontato, un nuovo progetto da parte della vulcanica ricercatrice e nei fatti non tradì le mie aspettative.
Così, ecco a seguire la sua dichiarazione, in riferimento appunto alla tematica del prossimo convegno che si svolgerà a Roma nel mese di settembre.
“Il tema infertilità entra a far parte della vita inaspettatamente e prepotentemente, nel momento in cui la coppia decide di avere un figlio e si rende conto di non poter esaudire un desiderio che sembrava così facile e naturale. Allora comincia il senso di frustrazione, il sentirsi anormale, il desiderio di cercare contatti con altre persone nella propria condizione. E se ora chiedessi a Vincenzo Di Michele ( rivolgendosi a me, ma senza darmi il tempo di elaborare una risposta ) se ci sono persone che vivono una condizione forzosa di un contatto impossibile con l’altro partner, la riposta non può che essere affermativa. Il riferimento in causa è proprio per le giovani detenute. La popolazione femminile delle carceri rappresenta una minoranza sul totale dei detenuti, ma i loro bisogni specifici non sono tenuti sufficientemente in conto dall’Unione Europea. È stata questa la denuncia dell’eurodeputata greca Marie Panayotopoulos-Cassiotou, relatrice del rapporto discusso e votato all’unanimità in seno alla commissione dei Diritti della donna al Parlamento europeo, il 30 Agosto del 2008. Ciò che preoccupa di più è la crescita esponenziale del numero delle detenute in età riproduttiva; donne che entrano in carcere giovani ed escono mature e riabilitate, ma mutilate della loro capacità di riprodursi, private per sempre della possibilità di mostrare a se stesse la capacità di amare un figlio e di continuarsi in lui. Infatti, la capacità riproduttiva di una donna scende vertiginosamente dopo i 35 anni, per arrivare ad essere inferiore al 10 % a 40 anni e inferiore al 3% dopo i 42 anni. Questo ci fa capire come le donne recluse in età riproduttiva, di fatto hanno per sempre preclusa la possibilità di concepire. Pertanto il progetto ” Non imprigioniamo la vita ” sostenuto dalla LAPIS ( Libera Associazione Sanitari per la Prevenzione dell’Infertilità ) è quello del prelievo ovocitario e del congelamento dei gameti recuperati che verranno crioconservati fino al loro utilizzo. Più precisamente: un’ unità mobile si recherà nel carcere dove effettuerà un colloquio preliminare con la donna , accompagnata dalle forze dell’ordine, dove verrà spiegata da un medico dell’associazione e da uno psicologo la finalità di questo progetto, le procedure, le probabilità e i rischi a cui potrebbe andare incontro durante il procedimento terapeutico. Si procederà quindi alla selezione delle pazienti. Dopo aver firmato un consenso informato si precederà con lo screening di eventuali patologie che potrebbero inficiare la riuscita del progetto. Una volta appurata l’arruolabilità della donna si procederà della cura farmacologica, consistente in iniezioni ( Decapeptyl e Puregon) che verranno somministrate giornalmente per via sottocutanea all’interno del carcere dalla guardia medica. Il monitoraggio dell’induzione farmacologica dell’ovulazione verrà eseguito mediante ecografia pelvica trans vaginale e prelievo ematico all’interno dell’unità mobile attrezzata. Al momento opportuno, la paziente sarà sottoposta a prelievo ovocitario eco guidato in sedazione , eseguito da medici dell’Associazione. Quindi, il biologo provvederà al congelamento dei gameti recuperati che verranno crioconservati fino al loro utilizzo.
Il progetto” Non imprigioniamo la vita” patrocinato dalla Regione Lazio, Provincia e Comune di Roma, verrà presentato il 27 settembre 2013 al convegno LAPIS che si svolgerà a Roma il 27 settembre 2013 a Palazzo Valentini
Roma 05/08/2013 Vincenzo Di Michele
Intervista di Vincenzo Di Michele sulla lotta all’infertilità